Mostre

AI CONFINI DEL TEMPO
Mostra di dipinti e oggetti della cultura popolare della Mongolia
 
 
Ai confini del tempo, titolo della mostra, vuole significare il forte legame del pittore con la tradizione e la storia della propria terra: la Mongolia. Legame che lo porta ad intrecciare, tecniche e culture, che partendo dal medioevo di Genghis Khan arrivano ai giorni nostri, varcando continuamente, in modo impercettibile ma significativo, il confine tra un passato glorioso ed un presente tutto da inventare. 
L’allestimento, pur se pensato con sobrietà, prevede alcune soluzioni che rendono dinamica l’esposizione e palpabile la labilità del confine temporale nell’opera di Nyamaa Ganbat, così come suggerito dal titolo della mostra. 
Assecondando le abituali scelte tematiche dell’artista, le opere vengono raggruppate, per filoni tematici: il cavallo, la falconeria, i cavalieri di Genghis Khan, i personaggi in costume, la spiritualità, gli animali, la steppa, paesaggi e vita quotidiana. 
In questo modo, ogni sezione tematica vedrà assieme ai quadri una bacheca o vetrina con alcuni oggetti provenienti dalla Mongolia, collegati al tema, oltre ad un pannello con una breve didascalia. 
Questo tipo di allestimento, molto originale, vuole arricchire il fascino dell’opera dell’artista, offrendo piccoli punti di osservazione sul mondo da cui proviene e a cui si è ispirata. 
Per il visitatore si prospetta quindi, una sorta di viaggio onirico ai confini del tempo, attraverso opere che contengono il presente ed il passato, inframmezzate da oggetti del presente, anche se di tradizione remota, in un unicum dinamico, assolutamente privo di soluzione di continuità. 
 
 
Nyamaa Ganbat 
Nyamaa Ganbat, nato a Ulaanbaatar nel 1970, si è laureato presso l’Accademia delle Belle Arti di Ulaanbaatar, dove ha studiato per cinque anni il Mongol Zurag. 
Nel 1999, partecipa assieme ai più bravi studenti della Mongolian National University of Arts and Culture, ad una mostra collettiva presso l’Università di Wimbildon in Inghilterra.
Nella veste di pittore – scenografo, nel 2001, realizza le scene del balletto “Romeo e Giulietta” per il “Teatro Accademico dell’Opera e del Balletto” della Mongolia e, sempre nello stesso anno, realizza la scenografia per il concerto dedicato all’ottantesimo anniversario della rivoluzione nazionale e per la festa del Naadam. 
L'anno successivo espone a Ulaanbaatar in due mostre collettive: alla “Primavera 2002” e alla mostra dedicata all’850° anniversario di Genghis Khan.
Dell'agosto del 2002 è la sua prima mostra personale "Khokh Mongol" (La Mongolia azzurra) a Ulaanbaatar.
Ha esposto in diverse mostre collettive in Mongolia, Korea, USA e con una personale nel 2004 in Italia e nel 2007 in Cina e Korea. 
Egli rappresenta uno dei pochi pittori che ha saputo fornire il proprio originale contributo all’evoluzione dell’originale forma pittorica del Mongol Zurag.
Ganbat ha studiato a lungo, riproducendone copie, le antiche opere del periodo degli Xiognu, dei Turghi, dei Chidan, degli Uiguri. Da un attento studio delle tecniche esecutive di queste opere, ha elaborato gradualmente una propria tecnica pittorica contraddistinta soprattutto dalla tavolozza estremamente varia e brillante. I suoi lavori, resi con linee estremamente incisive ed accurate, sono densi di vitalità e sprigionano una notevole carica di positività. 
Nei quadri di Ganbat si descrivono i modi di vivere del passato delle popolazioni mongole e chi li guarda ha la possibilità di capire quali ne siano stati gli usi, le tradizioni e la storia.
Il Mongol Zurag, è il genere di arte laica che più si è sviluppato nella Mongolia dal XIX secolo. L’esponente più importante di questo nuovo genere fu il pittore Balduugiin Sharav (1869-1939),dal quale tutti gli artisti che seguirono presero ispirazione per sviluppare questo nuovo modo di dipingere che affonda profondamente nella tradizione precedente. Il Mongol Zurag, a differenza di altri movimenti pittorici, non usa le regole della prospettiva: tutti gli elementi che compongono il quadro sono posti sullo stesso piano, le luci e le ombre non vengono riprodotte e al loro posto vengono usati colori e linee.